Articolo tratto da Corriere.it del 28-03-2011

Una vita in Vespa e non voglio scendere di Angela Geraci

Giorgio Serafino Ha 35 anni, ama la libertà. Con la moglie Giuliana ha girato l’Indocina a bordo di una Vespa 50 special del 1978. Sfida? No, solo fuga.

Fra poche ore tornerete in Italia (sono atterrati sabato notte). Dove siete in questo momento?

Ora siamo in Thailandia, vicino alla Cambogia. Ecco ho accostato, possiamo parlare.

Quando siete partiti?

Il 26 gennaio. Siamo arrivati a Bangkok e abbiamo dovuto aspettare un paio di giorni che arrivasse la Vespa.

Come è arrivata all’altro capo del mondo?

Eh, l’abbiamo spedita con l’aereo. Poi il 28 siamo partiti: abbiamo fatto il nord della Thailandia, siamo entrati in Laos, poi abbiamo fatto il nord del Laos, siamo discesi fino al sud, abbiamo attraversato il confine e siamo tornati in Thailandia. In Vietnam purtroppo non ci hanno fatto entrare con la Vespa e siamo dovuti tornare indietro.

Avrete portato delle valigie piccolissime.

Tre chili a testa, da mettere sui portapacchi. Due paia di pantaloni, quattro magliette, mutande e calzini. E costume da bagno!

E se - per fortuna non è accaduto - si fosse rotta la Vespa? Avevate dei pezzi di ricambio?

Solo qualche candela, i cavi di scorta, le camere d’aria e la ruota di scorta.

Cosa vi spinge a fare questo tipo di viaggio?

Eh eh eh.. Non so: è l’unica cosa che ci piace.

Viaggiare in Vespa?

Non solo. A noi piace viaggiare in tutti i modi: in moto, a piedi... Che poi in Vespa si va così piano che è come camminare.

Quante ore avete passato in sella ogni giorno?

Dieci, undici. Abbiamo cercato di prendere le strade meno battute. Qui in Asia è bellissimo: ti salutano tutti, non fai in tempo a fermarti che ti portano l’acqua, una sedia per riposarti all’ombra sotto la palafitta.

Sarete sembrati molto strani alla gente.

Credo che in Laos una Vespa non l’avessero mai vista. Una volta siamo stati circondati da 150 persone: bambini, vecchi, tutti!

E la cosa più curiosa che avete visto voi?

Eh, tante. In un villaggio remoto c’erano dei bimbi che giocavano a infilzare tarantole vive. Belle grosse: almeno una ventina di centimetri. E poi ci sono persone che in motorino trasportano di tutto. Parlo di armadi, letti, comodini! Oppure vedi bancarelle che vendono scorpioni, scarafaggi...

Voi li avete mangiati?

No no. Anzi io ho perso 5 chili e Giuliana 2.

Vi è arrivata l’eco delle vicende italiane? Il caso Ruby...

No, non sappiamo molto. Ma quando dicevamo che siamo italiani le persone del posto facevano: “Ah, Berlusconi!” e indicavano le bimbe.

Molto triste. Cambiamo discorso. Avete avuto degli sponsor? Qualcuno che vi abbia pagato il viaggio?

Questa volta qualche sponsor ce l’abbiamo avuto ma è stata la prima volta. Ed era proprio un aiutino, niente di che. Noi tutto quello che abbiamo lo usiamo per viaggiare.

Ma, scusate, come fate a fare questa vita?

Guarda, con i soldi che in Italia risparmiamo di riscaldamento nei mesi freddi qua ci viviamo 2 mesi tranquillamente. E poi non abbiamo lavoro fisso, nessun obbligo. Facciamo qualche mercatino di artigianato con roba che creiamo noi e... basta. Comunque il budget è molto limitato.

Quindi è possibile vivere così.

Eh sì. E all’estero incontri un sacco di gente che lo fa! Con 8 euro qui si dorme in due, con 2 euro mangi, le sigarette costano solamente 20 centesimi a pacchetto.

Avete mai fatto lavori “normali”? In ufficio?

In ufficio io mai! Giuliana sì: ragioniera, barista, ha lavorato da McDonald’s. Io per 15 anni sono stato muratore. Sempre per conto mio però, non ho mai avuto un padrone.

Insomma, amate la libertà.

Sì, ci siamo pure costruiti casa da soli: abbiamo ristrutturato un casale, nelle nostre Marche. Intanto siamo stati per 5 anni in roulotte: lì è nato il sogno della Vespa.

Perché?

Me l’hanno regalata che era tutta arrugginita. Lavoravamo alla casa e non avevo tempo di metterla a posto. Tutti mi dicevano: “buttalo via ‘sto ferro vecchio”. Io invece ho pensato: finisco casa, vernicio questa Vespa come il Generale Lee (l’auto del telefilm Hazzard, ndr) e ci faccio la Route 66 in America.

Detto, fatto.

Sì. Dopo tre anni: da Chicago a Los Angeles. È stato l’inizio. Poi siamo stati in Thailandia e in Cambogia in moto (tutti i racconti di viaggio sono sul loro blog www.terraeasfalto.it): ci siamo persi nella giungla e ho capito cosa volevo davvero.

E cioè?

Perdermi ancora in giro per il mondo. Sono in fuga.

Da che cosa?

Dagli obblighi, dai doveri, dagli orari fissi.

Vi fermerete mai? Magari se doveste avere dei figli...

No, al massimo mettiamo il sidecar!

 

 

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